giovedì 14 aprile 2016

Predicazione di domenica 10 aprile 2016 su 1 Pietro 2,21-25 a cura di Massimiliano Zegna

Infatti a questo siete stati chiamati, poiché anche Cristo ha sofferto per voi, lasciandovi un esempio, perché seguiate le sue orme. Egli non commise peccato e nella sua bocca non si è trovato inganno.
Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente; egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le sue lividure siete stati guariti. Poiché eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime.

Seguire le orme di Gesù. Nell'importante frase che si legge nella prima lettera di Pietro vi è un'interpretazione che spesso ha diviso i protestanti dai cattolici.
Infatti fra le differenze ancora profonde che esistono tra le due confessioni cristiane non vi sono solo il ruolo del papa, la venerazione dei santi e della madonna, il numero dei sacramenti ma, secondo me, è la stessa concezione di come seguire le orme di Gesù. L'interpretazione che ne hanno dato i protestanti non è quella di vivere una vita di sacrificio quasi a credere che solo l'autoflagellazione possa distinguere la vita del vero cristiano da quella di altri uomini od altre donne di questa terra.
Assolutamente no! La nostra deve essere una continua ricerca della felicità perché a cominciare dal significato etimologico dell' evangelo è quanto Gesù Cristo ci chiede. Evangelo significa appunto in greco buona novella, buona notizia ed è un peccato che normalmente nei paesi cattolici questa e che precede la parola Vangelo sia stata tagliata. La e sta per eu, che in greco significa bene, buono, buona e quindi Evangelo significa appunto buona novella.
Giustamente quindi i protestanti mettono l'accento sulla Resurrezione di Gesù, sul fatto che anche oggi, in questo momento, Gesù è vivo ed è in mezzo a noi e ci ascolta per darci la forza di superare i nostri problemi, le nostre malattie, i nostri turbamenti, i nostri dubbi.
Quindi seguire le orme di Gesù non significa che per essere veri cristiani dobbiamo soffrire come ha sofferto Gesù. Noi dobbiamo invece credere che Gesù ha sofferto ed è morto per la nostra salvezza e adesso noi dobbiamo essere riconoscenti e vivere per glorificare il Signore. Purtroppo la chiesa cattolica a cominciare dall'immagine di Gesù crocifisso ha trasmesso un'immagine dolorifica che lascia un'impronta negativa sulla missione cristiana che è una missione positiva soprattutto nei confronti dei giovani. La stessa parola Messa in cui i cattolici contraddistinguono la loro cerimonia religiosa domenicale ha un significato sempre di sacrificio, mentre i protestanti vogliono porre l'accento sulla parola culto, culto di adorazione che nuovamente pone in positivo il rapporto con Dio.
Una cosa straordinaria che mi ha particolarmente colpito è il riferimento di questo brano che ho letto della prima lettera di Pietro rispett al capitolo 53 del profeta Isaia.Rileggo Pietro: Egli non commise peccato e nella sua bocca non si è trovato inganno.

Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente; egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinchè, morti al peccato, vivessimo per la giustizia e mediante le sue lividure siete stati guariti. Poichè eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime.

Ed ecco il brano del profeta Isaia ( capitolo 53 dai versetti 5 a 9) con gli stessi riferimenti ed in alcuni casi le stesse parole della Prima lettera a Pietro.
Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti (ecco le stesse parole di Pietro; cambia solo il pronome: in Isaia mediante le sue lividure siamo stati guariti, in Pietro mediante le sue lividure siete stati guariti.
Più avanti In Isaia si legge: “ Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il Signore ha fatto ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì bocca.
Come l'agnello condotto al mattatoio come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca.
Dopo l'arresto e la condanna fu tolto di mezzo e tra quelli della sua generazione che rifletté che egli era strappato dalla terra dei viventi e colpito a causa dei peccati del mio popolo? Gli avevano assegnato la sepoltura fra gli empi, ma nella sua morte, egli è stato con il ricco, perché non aveva commesso violenze né c'era stato inganno nella sua bocca!” Ecco un'altra frase identica a quella pronunciata nella lettera di Pietro: non c'era stato inganno nella sua bocca!
La similitudine delle persone con le pecore e di Gesù con il pastore si trova spesso nella Bibbia. Fa parte sicuramente di un linguaggio agreste però c'è una grande differenza fra il prima e il dopo.
In Pietro : “poichè eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime”. In Isaia: noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il Signore ha fatto ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti”.
Adesso ho trascritto qualche frase del sermone interessante che la pastora Janique Perrin ha svolto proprio su questi versetti della lettera di Pietro

L’immagine delle pecore non è molto positiva. Essere paragonati a pecore significa essere considerati stupidi, senza iniziativa, senza autonomia. Eppure è un’immagine che ritorna nella Bibbia. Innanzitutto perché le pecore, nel Medio Oriente come pure in Sardegna o in Nuova Zelanda, sono animali comuni e conosciuti.
Inoltre l’immagine serve anche a esprimere una tendenza umana: quella di conformarsi al gruppo, di fare come fanno gli altri, di seguire l’opinione generale.
Se le pecore non hanno un pastore, una guida, un guardiano, esse si smarriscono, errano, vagano senza meta. Nei due testi biblici di oggi vige la metafora delle pecore per parlare delle creature umane. E nei due testi le pecore vengono guidate da un pastore, Gesù Cristo. Ma c’è una differenza tra l’Evangelo di Giovanni e la lettera di Pietro.
Nell'Evangelo, Gesù è il pastore e le pecore sono pecore oggi. Nella sua lettera Pietro dice: “Eravate come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime” (v. 25).
Il buon pastore, il guardiano delle nostre anime è venuto, ha toccato e trasformato le nostre vite e ora viviamo di questa trasformazione, di questo radicale cambiamento. In altre parole la lettera di Pietro prende atto delle conseguenze inevitabili della venuta di Cristo sulla nostra esistenza personale e comunitaria. C’era un prima, e c’è un adesso. Ed è proprio ai beneficiari della venuta di Cristo che Pietro si rivolge. Stamattina mi soffermo sull’inizio del nostro testo perché questo esordio ne determina il significato. “Infatti a questo siete stati chiamati, poiché anche Cristo ha sofferto per voi, lasciandovi un esempio, perché seguiate le sue orme” (v. 21).
Mentre prima erravamo, vagavamo, adesso siamo chiamati a seguire le orme di Cristo. Mentre prima la nostra vita non aveva nessuna meta, adesso siamo sulla via, adesso abbiamo una traccia, un esempio da seguire”.

Ancora la pastora Perrin aggiunge qualche considerazione che mi ha fatto riflettere

Ma come ogni viaggio, il viaggio sulle orme di Cristo potrebbe nascondere trappole. Allora, per non tornare a essere erranti sulla terra, cerchiamo di capire in che cosa consiste questo camminare sulle orme di Cristo.

1. La via unica della liberazione. C’è una trappola nell’immagine del seguire le orme di Gesù. Ed è, in un certo senso, la stessa trappola di quella del conformarsi alla maggioranza. La trappola, la tentazione consiste nel copiare, cioè nel pensare che un cristiano, una cristiana possa imitare Cristo. Non possiamo imitare Cristo perché Cristo ha sofferto per noi, è morto e risorto per la nostra salvezza. La sua via è unica, la sua via non si può copiare. Chi tra noi, chi tra gli esseri umani, sarebbe capace di soffrire in silenzio fino alla morte senza neanche essere sfiorato da un pensiero di vendetta? Chi darebbe davvero la sua vita per gli altri? Nessuno, la via di Cristo è unica ed è una via di liberazione. La sua morte ha portato il perdono dei peccati, la guarigione dal male e la libertà illimitata. In parole moderne possiamo dire che la via unica di Cristo ha trasformato e migliorato la nostra esistenza, nel senso di un cambiamento che ci ha resi più liberi, più autonomi, più responsabili perché, con Cristo, ci siamo lasciati alle spalle i dominatori, i colonizzatori, imonarchi assoluti. In senso stretto e in senso metaforico.
2. La nostra via: seguire non è imitare La via unica di Cristo ha aperto la nostra strada sulle sue orme. Ma seguire non è imitare perché voler imitare Cristo vuol dire rimettersi agli idoli. Infatti, essendo unica la via di Cristo, chi siamo noi, anche solo per immaginare che lo possiamo copiare?
La nostra via è comune, è la via umana dei credenti che cercano di vivere fedelmente la loro appartenenza a Cristo. Questa nostra via, la definirei con due parole: felicità e libertà”.
La riflessione che desidero condividere con voi è quella che dicevo all'inizio e che ho trovato conferma nella lettura del sermone che vi ho citato.
Seguire le orme di Gesù Cristo non significa imitare quanto lui ha fatto e sofferto ma seguire quanto lui ci ha insegnato. Nelle pagine che precedono i testi biblici vi è n paragrafo intitolato “Alcune promesse della Bibbia”. Mi ha colpito in particolare il riferimento a Giovanni capitolo 3 versetto 16 che viene intitolato “Tutto il messaggio della Bibbia riassunto in un solo versetto”. Ma come mi sono chiesto è possibile condensare un libro di oltre mille pagine in una sola frase? Eppure dopo averla letta mi sono convinto che è proprio così. Adesso la leggo:

Perché Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figlio, affinchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”
Fra le letture proposte da “Un giorno, una parola” vi è quella riguardante il buon pastore che è significativa della positività di Gesù Cristo: “Io sono il buon pastore.– si legge al capitolo 10 versetti 27-28 – le mie pecore ascoltano la mia voce ed io le conosco ed esse mi seguono e io do loro la vita eterna”.
E' nuovamente un versetto in cui le pecore sono paragonate a tutti noi però la cosa importante è che Gesù ci conosce uno ad uno, una ad una se si ascolta la sua voce. Ascoltare la sua voce può essere difficile perché non avviene come nel vecchio testamento che Dio esprimeva con parole comprensibili e altisonanti il suo pensiero. Adesso le parole di Dio bisogna ascoltarle attraverso la voce del nostro cuore e della nostra mente.
Adesso vi è apparentemente molta confusione perché il Signore ci ha dotato di strumenti che solo Lui poteva avere. Di Dio si dice infatti che può conoscere tutto e può conoscere tutti. Oggi grazie ai nuovi strumenti di comunicazione possiamo conoscere meglio le sue possibilità perché adesso in tempo reale possiamo conoscere tutto quanto avviene nel mondo e conoscere meglio anche le persone che sono molto lontane da noi. Chi utilizza i social network, ad esempio, sa che che è possibile trasmettere un proprio pensiero a persone che vivono in Australia, in Belgio, in Brasile oppure conoscere quanto viene detto da tutte le parti del mondo. Certo non sono sempre parole edificanti e positive ma Dio affida a noi la capacità di scegliere. Ho detto quindi che apparentemente vi è molta confusione perché non vediamo solo ciò che ci circonda nella nostra città, nel nostro quartiere, nella nostra casa e possiamo ormai essere a contatto con persone di razze diverse, di lingue diverse. Sta o noi decidere se tentare un approccio come Gesù ci ha insegnato a fare o respingerle. Poi certo sta a noi capire con l'aiuto di Dio chi è buono e chi è cattivo. Ma questo accade anche nella ristretta cerchia di chi parla la stessa lingua, ha lo stesso colore della pelle, professa la stessa confessione religiosa.
Gesù ci ha insegnato in varie parabole che ha volte chi è più lontano da noi come lingua, abitudini, colore della pelle può essere più vicino nell'amare il prossimo.
Solo quando sapremo tutti vivere in pace il disegno di Dio sarà compiuto e tutti noi possiamo essere protagonisti di questo disegno, e tutti noi possiamo aiutare a compiere questa missione.




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