giovedì 1 ottobre 2015

predicazione su Matteo 6,25-34 di domenica 20 settembre 2015 a cura di Marco Gisola

25 «Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito? 26 Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? 27 E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un'ora sola alla durata della sua vita? 28 E perché siete così ansiosi per il vestire? Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; 29 eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro. 30 Ora se Dio veste in questa maniera l'erba dei campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede? 31 Non siate dunque in ansia, dicendo: "Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?" 32 Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. 33 Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. 34 Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di sé stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno.
Il testo per la predicazione di oggi, che abbiamo ascoltato dal vangelo di Matteo, fa parte del sermone sul monte, il famoso discorso che Gesù tiene a una gran folla riunita che lo ascolta e che che l'evangelista Matteo ha raccolto nei capitoli da 5 a 7 del suo vangelo.
Questo testo biblico è un invito a orientare la nostra vita nella direzione giusta, una direzione che riempia di senso la nostra vita, che la renda una vita degna di essere vissuta.
Vorrei evidenziare due cose da questo testo.
La prima riflessione prende spunto da due paroline di questo brano, due paroline in sé insignificanti che però danno il senso a tutte le altre parole molto dense del discorso di Gesù. La prima è la parolina “più”: «Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito?».
La vita è qualcosa di più del nutrirsi e del vestirsi. Non che nutrirsi e vestirsi non siano importanti, anzi, sono cose necessarie come sanno bene quelli che non hanno da mangiare e da vestirsi, ovvero le cose basilari per sopravvivere. E quando non si hanno queste cose, vuol dire che si vive in una miseria estrema.
Ma – dice Gesù – non viviamo del necessario o per il necessario, viviamo di e per qualcosa di più. La vita è qualcosa di più, questo è il primo messaggio che riceviamo da questo brano. La vita è qualcosa di più del necessario. Può sembrare banale ma non lo è.
La questione è che il concetto di necessario nella nostra società dei consumi si è esteso e si estende quasi all’infinito. Il mondo in cui viviamo ci vuole far credere che sempre più “cose” materiali ci sono necessarie.
Non solo più cibo e vestiti – che sono effettivamente necessari – ma un elenco lunghissimo di cose che ci sembrano necessarie e invece non lo sono.
E qui non ci sono distinzioni tra ricchi e poveri, perché a volte i ricchi desiderano avere sempre di più e i poveri desiderano semplicemente avere quello che hanno i ricchi e non possono avere. Sia i ricchi, sia i poveri possono essere guidati dal desiderio di avere, solo che uno ce la fa e l’altro no.
Ed ecco allora l’altra parolina; dopo il «più», il «prima»: «cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia». Che cosa viene prima, che cosa deve orientare veramente la tua esistenza? Il regno di Dio e la sua giustizia.
Che cosa cerchi ogni giorno? Che cosa guida le tue scelte? Le cose materiali, che hai sei ricco; e che vorresti avere, se sei povero? Oppure qualcos'altro? Oppure il regno di Dio e la sua giustizia?
Non credo sia un caso che Gesù metta fianco a fianco la parola “regno di Dio” e la parola “giustizia”. Perché se il regno di Dio è l'espressione massima della giustizia di Dio, che è misericordia, che non ci appartiene, che non possiamo afferrare fino in fondo, qui sulla terra la cosa che somiglia di più al regno di Dio, che riflette un pochino della meraviglia del regno è la giustizia.
Se la nostra vita è orientata al regno di Dio che ci attende, allora essa è orientata dalla giustizia, dalla ricerca della giustizia, e dunque della pace, dell’uguaglianza, della libertà. Questa è vita nel senso pieno del termine, nel senso dell’evangelo, secondo Gesù.
Vita in cui c’è abbondanza, ma non di cose, di proprietà, ma abbondanza di amore, di relazioni umane, di comunione e amicizia, di affetto e fraternità, ma anche abbondanza di speranza e di impegno affinché il mondo sia più simile al regno di Dio, al regno di giustizia e pace che Dio vorrebbe per i suoi figli e le sue figlie.
Cercate prima il regno e la giustizia di Dio perché la vita è più del nutrimento e del vestito: un programma che è una sfida per ogni nostra giornata.

Ma perché non dobbiamo essere in ansia per le cose materiali? Perché queste cose Dio ce le ha già date! : «il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose». Questo la seconda riflessione che vorrei fare con voi. Dio nutre gli uccelli del cielo, veste i gigli dei campi, nutre e veste anche te. Questo non è romanticismo, non è ingenuità premoderna: questa è fede, fede nel Dio che si occupa quotidianamente delle sue creature.
Il fatto che parte dell’umanità ruba e distrugge quello che dovrebbe essere anche dell’altra parte dell'umanità, ovvero di tutti, non toglie che per l’evangelo tutto ciò che siamo e che abbiamo – non che abbiamo io e te, ma ciò che l’umanità nel suo insieme ha a sua disposizione – è dono di Dio.
Noi a volte pensiamo che ciò che abbiamo e ciò che siamo sia merito nostro o sia nostro diritto averlo, dimenticando che è dono di Dio e dono di Dio per tutti. Tutto ciò che ci serve per vivere è dono di Dio, la vita è dono di Dio. Un dono è per definizione gratuito. Noi viviamo in una società che invece ha monetizzato tutto, tutto ha un valore che va pagato, tutto si compra o si vende. E noi siamo completamente presi da questo meccanismo.
La prospettiva della Bibbia è molto diversa: tutto è donato, Dio ha donato tutto all'umanità, dall'aria che respiriamo, all'acqua che beviamo, alla terra su cui camminiamo o che coltiviamo, alle ricchezze che stanno sotto la terra. Tutto Dio ha donato all'umanità. Solo che alcuni si sono impossessati dei doni di Dio, hanno detto "questo è mio e se lo vuoi io te lo vendo e tu me lo paghi". Pensiamo al petrolio e a tutte le altre risorse e alle guerre che si fanno per averle. 
Ecco una sfida che questa parola ci pone: riscoprire il valore della gratuità e del dono, cercare di costruire relazioni tra le persone e i popoli non più basate sul possesso - "questo è mio" - e sul denaro – "se lo vuoi te lo vendo"...
Ma basate sulla gratuità e sulla consapevolezza che i doni di Dio non sono proprietà privata di nessuno ma sono per tutti e che come riceviamo gratuitamente i doni di Dio, siamo chiamati a condividerli gratuitamente.
Concludendo, l’evangelo ci invita oggi a due cose: ci invita a affidarci, il che non vuol dire stare ad aspettare senza fare nulla, ma vuol dire riconoscere come dono tutto ciò che abbiamo e dunque imparare a donare e a condividere quello che Dio ha donato a tutta l’umanità.
E ci invita poi a una ricerca instancabile del regno e della giustizia di Dio, che viene prima di tutto il resto, ci insegna a non limitarci a sopravvivere, ma a guardare oltre e più in alto, perché la vita è di più che sopravvivere. Ci dà un senso, uno scopo, e anche una speranza.
Come ha detto un pastore, commentando questo passo «La parola di Gesù non ci libera dalle necessità materiali, ma ci libera dalla schiavitù spirituale […] a queste necessità». Se non siamo schiavi di queste necessità, se riconosciamo che non sono i nostri sforzi, ma è Dio che ci nutre e ci veste, siamo anche liberi di cercare con gioia il regno di Dio e la sua giustizia.
Ci dia il Signore di saper vivere di questa ricerca del regno e della giustizia e di saper vivere della fiducia che egli si cura di noi.

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