giovedì 29 gennaio 2009

Napoléon Peyrat, pastore e storico - di Tavo Burat

Il 20 gennaio 1809 ai Bords-sur-Arize (Ariège) nasceva Napoléon Peyrat, figlio di un contrabbandiere pirenaico che non ebbe molto tempo di occuparsi di lui. Ebbe un’infanzia non comune: orfano di madre, fu allevato dal nonno, burbero e rigoroso patriarca protestante, e dagli zii, reduci dalle campagne napoleoniche: gli insegnarono a montare a cavallo, a leggere e a scrivere, un po’ di latino, molta botanica e soprattutto impregnarono la sua anima dell’epopea della Grande Armata. Studiò teologia alla facoltà di Montauban, e dopo una residenza di due anni a Châtillon-sur-Loire dal pastore Rossellotti per imparare il greco e l’inglese, «sale a Parigi» dopo la rivoluzione del luglio 1830, dove si fa notare tra i poeti romantici per il lirismo aquitano della sua poesia e per la sua lunga capigliatura «merovingia»


Peyrat conosce Lamennais, Michelet, Guizot, Sainte-Beuve e Béranger. Poi, nel 1834, a 38 anni, è consacrato e designato dal Concistoro al servizio, come pastore protestante, della parte settentrionale del dipartimento Seine-et-Oise. Si tratta di una parrocchia di 15 leghe d’estensione, da Rueil a Vernon. Ha la fortuna di inaugurare il primo tempio di Saint-Germain-en-Laye, nel 1882, e di fondarvi una scuola protestante femminile, in rue de l’Aigle d’or, attiva sino al 1913. Aiutato nelle sue funzioni dalla moglie Eugenia, dalla quale avrà quattro figli, Peyrat dà prova di tutta la sua generosità e della sua sensibilità negli atti pastorali che narrano la storia di una nascente povera parrocchia.

Ma Napoléon Peyrat occupa una significativa quanto misconosciuta posizione nella storiografia del Catarismo e della Riforma. La sua prima opera storica, Les pasteurs du désert (1847), scritta su esortazione di Béranger, riabilita i Camisards delle Cevenne. Fondamentale è la sua Histoire des Albigeois, in cui vibra la fierezza di essere originario di una regione catara e di discendere da una famiglia di origine albigese il cui nome si trova negli elenchi dei condannati per eresia dal 1237 al 1329; della sua stessa famiglia era il capitano ugonotto Pèyre Peyrat, caduto nel 1625 alla difesa del Mas-d’Azil (sempre nell’Ariège...); egli non manca di sottolineare infatti che, quando la Riforma del XVI secolo esplose, le «antiche stirpi albigesi, per metà divorate dall’Inquisizione, l’acclamarono con entusiasmo»1.

Impegnatissimo a svolgere il servizio pastorale, non aveva molto tempo da dedicare alla redazione della sua storia degli Albigesi, i cui due primi volumi uscirono solo nel 1870, editi da A. Lacroix, Verboeckhoven & C. ie. Nel suo lavoro manifesta una non comune inclinazione all’enfasi e agli eccessi narrativi. Trascura i suggerimenti di Béranger, che lo ammoniva di «diffidare della passione protestante che lo anima», da cui trapela talvolta un veemente antipapismo. Purtroppo la sua opera perde il valore allorché egli trasforma leggende poco credibili in fatti storici, interpreta a suo modo un avvenimento. situa e descrive luoghi inesistenti, suppone più di quanto poi riesca a provare. Egli è l’artefice della popolarità di Montségur...

Tuttavia, malgrado queste spiacevoli libertà ch’egli si prende con la storia, ha comunque il grande merito di essere stato il primo a rappresentare la tragedia albigese, allorché, prima di lui, per conoscerne alcune briciole occorreva riportarsi esclusivamente alle indiscrezioni dei boia, alle confessioni ottenute con la tortura e con il supplizio. Quando il suo lavoro apparve, i francesi ch’egli sperava di commuovere raccontando l’agonia della sua patria occitana, erano troppo preoccupati della guerra con la Prussia per concedere interesse a lontani avvenimenti medioevali. E dopo la sconfitta pochi erano disponibili, a eccezione di qualche studioso e appassionato di regionalismo, a conoscere sugli Albigesi qualcosa di più di quanto insegnato dai Fratelli delle Scuole cristiane o dalle suore. Lo stesso Frédéric Mistral per non offendere le opinioni clericali e reazionarie di molti lettori dell’Ardmana prouvençau ignorò il lavoro di Peyrat.

Nel 1873 esce il terzo volume dal medesimo editore. Del resto Peyrat, pur condividendo gli scopi del Félibrige mistraliano2, ne critica severamente l’azione ispirata purtroppo «ai vecchi amici clericali e capetingi» e troppo limitata a banchetti, discorsi e al folklore. Tuttavia, fu uno dei primi ad aderire a «La Cigale», fondata nel 1876, sollecitato da un giovane parigino di 33 anni, Louis-Xavier de Ricard (1843-1911), poeta delicato, brillante giornalista, occitanista, democratico e repubblicano, condannato per aver partecipato nel 1871 alla Comune, il quale, all’inizio del 1876 espose all’amico poeta linguadociano Auguste Fourès (1848-1891) la necessità di far fronte, nel Félibrige, alla corrente cattolica reazionaria degli avignonesi, guidati da Jousé Roumanille. L’ispiratore dei due Félibri laici e progressisti era appunto Napoléon Peyrat.

Sorse così quello che fu chiamato il Félibrige rouge, accanto all’Ardmana di Avignone. I «rossi» pubblicarono La lauseta (l’allodola). Mistral faceva del suo meglio per tenere uniti i «linguadociani» rossi e gli avignonesi bianchi, barcamenandosi tra le due correnti. Il rischio della rottura originava nel settembre precedente, dai «giochi floreali» che si tennero a Forcalquier, in occasione della dedica della cappella a Notre Dame de Provence, con la solenne processione e presenza di vescovi e prelati vari, quando si cantò per la prima volta l’inno Prouvençau e Catouli di Malachite Frizet (1850-1909), tuttora eseguito al termine delle messe in provenzale. Quell’esternazione cattolica contrastava con lo spirito degli Statuti del Félibrige, approvati proprio nel 1876, nei quali si affermava che nelle riunioni «erano vietate le discussioni politiche e religiose».

Nel novembre 1877 Peyrat pubblica una raccolta di sue poesie, Les Pyrénées, nella cui prefazione attacca ferocemente il Félibrige affermando che il rinascimento della poesia provenzale non fu più provenzale che limosino, alverniate o guascone; fu «romano» (cioè occitano). La Provenza, malgrado le sue incontestabili glorie, non giustifica la pretesa preminenza ambiziosa; nessun grande trovatore, né Figueras, né Cardinal, né Tudella, era provenzale; a eccezione di Avignone e delle Alpi, nella Provenza non vi furono né trovatori, né cavalieri, né grandi momenti di resistenza. Ramon Béranger, il suo conte, abbandonò la causa comune per allearsi alla Francia. I Félibri cantano i nemici che misero a ferro e fuoco l’Aquitania, il re René, un pagliaccio; la regina Giovanna, una messalina sanguinaria; i papi di Avignone, saccheggiatori e carnefici del Mezzogiorno... non ricordano Bonifacio di Castellane, che pagò con la testa la difesa delle libertà di Marsiglia contro Carlo d’Angiò (1157). René e Giovanna, i papi d’Avignone, ecco il loro ideale, l’età dell’oro dei Provenzali. Ma per il resto del Mezzogiorno fu l’età del ferro e del fuoco.

Malgrado questa opposizione radicale, i rossi, laici e repubblicani, rimasero nel Félibrige di Mistral: Peyrat risulta nel 1877 iscritto alla Maintenance di Linguadoca; tra i majorau (gli esponenti eletti a vita alla dirigenza del Félibrige, come gli accademici), troviamo Fourès eletto nel 1881; de Ricard, nel 1888. A ciascun majorau è attribuita una «cicala d’oro» che, dopo la morte, è trasmessa al successore: Fourès sarà «cigalo della libertà», e de Ricard «cigalo de Cleira». Nei Félibrige di oggi troviamo protestanti (come il riformato poeta René Jouveau, capoulié, cioè presidente, dal 1971 al 1982) e progressisti (come Pau Pons, capoulié dal 1989 al 1992). Peyrat comunque continuerà a spronare i suoi discepoli a cantare nella lingua degli avi la storia del loro paese; della Linguadoca saccheggiata, sei secoli prima, dalla crociata contro gli Albigesi.

Tra le sue altre opere storiche, sono da ricordare Le colloque de Poissy e Le journal de guerre scritto negli anni 1870-71. Dopo 34 anni di servizio nella parrocchia di St. -Germain-en-Laye, Peyrat muore in seguito a una pleurite il 4 aprile 1881. «Heureux le serviteur que le maître trouvera veillant», si legge sulla sua tomba nel vecchio cimitero di St. -Germain-en-Laye.

(un ringraziamento particolare a M. me Arlette Millard per le notizie biografiche e per la foto inviateci)

1. Sulla relazione storica tra Catarismo e Riforma, cfr. M. Jas, Braises cathares. Filiation sécrète à l’heure de la Réforme, Loubatières éditeur, Portet-sur-Garonne, 1992.

2. Il Félibrige è un’associazione letteraria fondata il 21 maggio 1854 da Mistral e da altri sei poeti provenzali al fine di prendere le difese delle culture regionali tradizionali e della lingua occitana.



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