domenica 2 novembre 2008

Incontro svoltosi alla Facoltà Valdese di Teologia



nella foto:
Lothar Vogel, docente di Storia del Cristianesimo
alla Facoltà Valdese di Teologia di Roma.

Fede, preghiera, guarigione

Dopo anni in cui non si erano più organizzati corsi di aggiornamento per pastori e pastore nella Facoltà valdese di Teologia, quest’anno, fra Segreteria del Corpo pastorale e Facoltà, è stato messo a punto un incontro di cinque giorni sul tema «Fede, preghiera, guarigione», che si è svolto dal 29 settembre al 3 ottobre: cinque giorni intensi, per confrontarsi anche allargando il campo ad altre realtà dell’evangelismo in Italia.

Klaus Langeneck

Dopo anni in cui non sono più stati organizzati corsi di aggiornamento per pastori e pastore nella nostra Facoltà, quest’anno, fra Segreteria del Corpo pastorale e Facoltà, siamo riusciti a offrire un incontro di cinque giorni sul tema «Fede, preghiera, guarigione», che si è svolto dal 29 settembre al 3 ottobre: cinque giorni di intenso lavoro che hanno coinvolto i cinque professori, alcuni relatori esterni e una ventina di pastori, pastore e diacone a cui sono state affidate delle chiese locali, un’esperienza, per chi ha partecipato, molto stimolante. Auspichiamo che corsi di questo genere diventino nuovamente offerte con cadenze regolari.

Abbiamo lavorato sul tema sotto vari punti di vista. Il prof. Fulvio Ferrario e il prof. A. Pacciolla hanno introdotto il corso con due riflessioni sulla preghiera. Il prof. Ermanno Genre, il pastore pentecostale Carmine Napolitano e i partecipanti africani hanno presentato il tema sotto l’aspetto della cura pastorale e della vita delle chiese. La pastora Sitta Campi Revillard e il medico Paolo F. Ribet hanno completato questo aspetto del tema sull’approccio spirituale alla malattia e alla guarigione della persona, nel contesto della medicalizzazione della malattia nella nostra cultura. Il tema «preghiera e guarigione nella Bibbia» è stato presentato attraverso contributi del prof. Daniele Garrone e della pastora Corinne Lanoir per l’Antico Testamento, del prof. Yann Redalié e del past. Eric Noffke per il Nuovo Testamento. Al prof. Paolo Ricca avevamo affidato il tema difficile della «preghiera non esaudita», mentre il prof. Fulvio Ferrario ha completato le nostre riflessioni con un contributo su «Il Male e il demoniaco».

Il percorso è stato concluso da una riflessione, nel nostro contesto insolita, sulla Formgeschichte dei racconti di miracoli da parte del prof. Lothar Vogel. Nonostante i vari approcci al tema, presentati dai vari relatori, si è sviluppato nel corso, un filo rosso che ha trasformato le varie unità in un percorso unico.

L’aspetto più significativo del corso è stato che, senza che ciò fosse tematizzato espressamente, è stata un’esperienza di «Essere chiesa insieme». Molte delle persone che hanno colto l’occasione lavorano in chiese con una forte presenza africana e straniera e quindi sono particolarmente sensibili al tema, su cui nella vita delle chiese emergono diversità spirituali e culturali; inoltre tre fratelli africani impegnati nella realizzazione di «Essere chiesa insieme», Richard Ampofo della Chiesa di Bologna, Vivian Wiwoloku della Chiesa di Palermo Noce e il past. Samuel Kpoti della Chiesa francofona di Roma, hanno spiegato il rapporto tra fede, chiesa e guarigione nelle loro chiese d’origine e nella realtà dell’emigrazione.

Molto importante è stato il contributo del pastore pentecostale Carmine Napolitano. Se la vita di una chiesa, il culto, la preghiera sono dialogo con Dio, spazio della grazia di Dio, in qualche modo anticipazione del Regno di Dio, le guarigioni, operate da Dio devono essere possibili. Come la grazia ha vinto il male, come la grazia crea conversione e fede, così la guarigione da una malattia è dono concreto della grazia. «Che cosa è più facile, dire al paralitico: «I tuoi peccati ti sono perdonati», oppure dirgli: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina»? (Marco 2, 9). Per l’evangelista Marco era chiaro che il perdono dei peccati è più grande della guarigione. E per noi? In ogni culto annunciamo il grande miracolo del perdono del peccato. Ma abbiamo il coraggio di pregare veramente per il miracolo di una guarigione? Il pastore Napolitano ha precisato che non è mai la chiesa o un guaritore che guarisce, la guarigione è sempre dono della grazia di Dio in risposta alla preghiera della chiesa. Non c’è, nella sua visione delle cose, una contrapposizione tra preghiera per la guarigione e scienza medica: anche la scienza, anche la bravura dei medici, anche le strutture ospedaliere sono strumenti nelle mani di Dio. È Dio che decide come intervenire.

Questa concezione si incontra in qualche modo con le riflessioni psicologiche e antropologiche presentate dal prof. A. Pacciolla. Nella distinzione tra riti magici, riti superstiziosi, riti ossessivi e riti religiosi, egli ha sottolineato che, mentre i primi tre tipi di rito servono per mantenere e salvaguardare uno status quo, il rito religioso mira alla conversione, alla trasformazione, alla crescita della persona. In questo senso la preghiera per la guarigione non è preghiera per ritornare allo stato prima della malattia, ma per entrare nella nuova esistenza di persona guarita, che ha sperimentato concretamente l’opera della grazia. Questo fatto è emerso anche dal lavoro sui racconti biblici di guarigioni. Le guarigioni operate da Dio, trasformano le persone in nuove creature. Il siro Naaman diventa un adoratore del Dio d’Israele, l’indemoniato di Gerasa comincia a proclamare le grandi cose fatte da Gesù, Bartimeo segue Gesù a Gerusalemme.

Dalle spiegazioni dei fratelli africani è emerso che le nostre chiese sorelle metodiste e presbiteriane in Africa hanno una concezione molto simile a quella spiegata dal pastore Napolitano. La chiesa è uno spazio particolare, distinto dal mondo intorno, è uno spazio di protezione e di guarigione, in qualche modo uno spazio di salvezza. Questo spazio è caratterizzato dalla gioia e dalla preghiera. Le idee sulle guarigioni che avvengono nella vita delle persone sono identiche a quelle spiegate dal pastore Napolitano. Non è mai la chiesa o il pastore o un’altra persona umana che guarisce, ma Dio che risponde alle preghiere dei credenti. Le guarigioni non sono necessariamente miracoli inspiegabili, possono anche essere la soluzione di una problema che sembrava irrisolvibile (il malato viene portato in un ospedale in Europa, dove trova cura per la malattia) o lo scioglimento di un nodo che sembrava troppo ingarbugliato (sofferenze per le difficoltà di inserimento nel paese, in cui la persona è emigrata). Il concetto di guarigione è ampio, non soltanto guarigione da malattie fisiche, ma anche guarigione da una situazione di disagio, di ansia, di difficoltà.

Quello che mi ha colpito nel corso del nostro incontro, e mi ha fatto riflettere molto è il fatto che la guarigione in questo senso ampio è tematizzata espressamente nella vita delle chiese. Noi protestanti europei, certo, alla fine del culto, nella preghiera di intercessione preghiamo anche per i malati. Nelle chiese africane invece esistono liturgie specifiche per la preghiera di guarigione delle persone, chi ha bisogno di guarigione, non si nasconde, non fa finta di non avere problemi, ma viene avanti, chiede la preghiera della chiesa, e poi rende testimonianza degli effetti della preghiera nella sua vita.

Domanda: nelle nostre chiese europee, le guarigioni non avvengono, perché nella vita della chiesa non diamo sufficiente spazio alla preghiera per le guarigioni, perché abbiamo delegato la cura dei malati ai medici e agli ospedali, e quindi non è più un tema importante nella vita della chiesa? O avvengono, ma noi non ne parliamo, non diamo voce a questo tema? Il professore Lothar Vogel ci ha fornito elementi preziosi sul problema dei codici che usiamo per parlare di una guarigione. Il suo intervento è partito da un piccolo fatto successo nella Chiesa luterana del Württemberg. Nel culto di congedo di una pastora, una signora si alza e rende testimonianza del fatto che la pastora l’ha guarita da un terribile mal di schiena. «Mi ha imposto le mani e il dolore è sparito». Immaginatevi l’imbarazzo di una bella parrocchia luterana del Württemberg. La pastora racconta la cosa in modo diverso: «Quando sono andata via, per esprimerle la mia solidarietà nella sua sofferenza, l’ho abbracciata». La signore, per parlare di questa visita della pastora, ha usato il codice della guarigione miracolosa, molto simile allo stile con cui gli Evangeli raccontano le guarigioni di Gesù. La pastora invece ha semplicemente raccontato un gesto empatico, usato nella cura d’anime. Meno male che siamo nel Württemberg pietista e materialista, il rischio che la fama della pastora come taumaturga si sparga non esiste.

Il linguaggio con cui i nostri fratelli africani parlano della preghiera per la guarigione e delle guarigioni che avvengono nelle chiese appartiene al codice che usa la Bibbia. Le chiese africane, molte chiese straniere, le chiese pentecostali (la signora del Württemberg non era sveva, originaria del Württemberg, ma una persona di origine tedesca, venuta dalla Russia dopo la caduta del Muro di Berlino) usano dei codici di linguaggio che noi protestanti europei, figli e figlie dell’Illuminismo e della demitizzazione, non abbiamo più a disposizione, anzi, ascoltiamo con un certo fastidio. Per me personalmente, questa riflessione sui codici del linguaggio è stata molto interessante, perché ci può aiutare nell’incontro con credenti stranieri, ma anche nel dialogo con altre confessioni cristiane, ad ascoltare e a capire quello che con i loro linguaggi cercano di dire. Ma qui si aprirebbe il tema per un altro corso di aggiornamento, al quale naturalmente vorrei partecipare.

tratto da: RIFORMA,
Anno XVI - numero 42 - 31 ottobre 2008, p. 8.

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