lunedì 5 maggio 2008

Gli evangelici a Biella

Il testo di Tavo Burat è tratto integralmente da

“Le pietre della libertà” (12/2005)

La pubblicazione, curata da Anna Piovesan, è stata realizzata dal Circolo culturale valdese di Biella in occasione dei 110 anni dalla costruzione del tempio valdese di Piedicavallo (1895-2005).
Comprende altresì gli interventi di Marvi Revelli, Eugenio Bernardini, Davide Bazzini.



Eretici o evangelici?

Gli stranieri della Bibbia
e del libero predicare nel cattolico Biellese

In Inghilterra vi era un gruppo di esiliati italiani che conobbero l’evangelismo e poi lo importarono in Italia. Fra di essi, il conte Guicciardini (discendente diretto del famoso storico Francesco) e il poeta Teodoro Pietrocola Rossetti. In un primo tempo vi fu una certa collaborazione tra i valdesi emigrati dalle valli e questi profughi, che, in origine, erano soprattutto degli esiliati politici.
Fu un’intesa che durò poco, in quanto i valdesi erano molto più moderati dal punto di vista politico, mentre tra gli evangelici dei Fratelli c’era soprattutto una corrente politicamente più impegnata. Mi riferisco, ad esempio, al prof. Mazzarella, che era politicamente perseguitato.
Questo gruppo di evangelici, di origine toscana, si impiantò in Piemonte soprattutto ad Alessandria ed a Spinetta Marengo, dove si trovava il centro propulsore di queste chiese libere dei Fratelli. Si trattava di chiese che adottavano un certo principio anarchico, in quanto non avevano nè registri nè iscrizioni nè pastori per cui è anche difficile farne la storia (anche se ne esiste una molto ben fatta del prof. Maselli).
Erano politicamente insofferenti della moderazione; siamo, infatti, nel decennio cavouriano, 1851-1861 e non si voleva rendere troppo difficile la politica del governo, per cui si era normalmente moderati. Molti Fratelli non avevano occupazione ed erano sostenuti anche da missionari inglesi che intendevano impiantare chiese dei Fratelli e comunità un po’ ovunque, senza preoccuparsi delle difficoltà che potevano creare.
I cattolici erano, infatti, in prima linea nel denunciare ogni tentativo di fare qualcosa al di fuori dei canoni della chiesa ufficiale.

Colportori da Alessandria

Fu così che da Spinetta Marengo cominciarono a inviare dei colportori in altre parti del Piemonte. Colportore è una parola di origine francese, colporteur, che significa venditore, distributore, in quanto venivano diffusi, ai mercati o con banchetti, bibbie o libri gratuitamente o per pochi centesimi. Questo fatto preoccupava enormemente i cattolici.
Nel Biellese la prima notizia diretta che abbiamo ci viene da una pastorale del vescovo Giovan Pietro Losana, il quale mette in guardia i parroci perché stavano arrivando nel Biellese “questi messi diabolici i quali corrompono le buone popolazioni locali”.
C’è da dire che Losana non era certamente nemico del clero giansenista, in quanto di origine liberale, con parecchi zii giacobini.
Potrebbe quindi meravigliare, sotto un certo aspetto, questa durezza nei confronti dei poveri evangelici che venivano considerati come degli accattoni o degli zingari. La si può invece capire proprio per il fatto che Losana era tenuto d’occhio, in quanto ritenuto “amico dei nemici”;
Egli voleva dimostrare di non essere assolutamente tollerante verso nessuna forma di dissenso religioso. Il primo che arrivò da noi, inviato dai Fratelli di Spinetta Marengo, fu un colportore, Lorenzo Beruatto, che trovò un terreno così favorevole che, ritornato a Spinetta chiese di mandare quelli che allora si chiamavano degli operai evangelici. E fu così che nel 1857 arrivarono da Spinetta gli “evangelisti” Francesco Lagomarsino, Giuseppe Manenti e Carlino Zanin, che operarono con molto entusiasmo.
In principio trovarono terreno favorevole e affittarono un locale in Biella Piano, poi si trasferirono nella Strada Maestra (diventata poi via Umberto e oggi via Italia) e riscontrarono una affluenza notevole, organizzarono dei dibattiti e invitarono il prof. Mazzarella.
È abbastanza interessante che il giornale “Eco del Mucrone”, di simpatie liberali, senza prendere alcuna posizione, abbia dato notizia dell’arrivo degli evangelici ed abbia pubblicato contemporaneamente, nella stessa pagina, la protesta che il vescovo rivolgeva nei confronti del governo norvegese, che trattava male i cattolici in Norvegia.
Losana diceva che le minoranze dovevano essere protette in quanto sono anche loro cristiane e quindi se i luterani si ritengono cristiani perché perseguitano i poveri cattolici?
A fianco vi era l’altro articolo con gli improperi che il Losana indirizzava a questi poveri evangelici arrivati a Biella.
Pur non essendoci commenti, mi sembra che questo giornale affrontasse la questione in modo abbastanza coraggioso.
Evidentemente il Vescovo Losana, che era considerato politicamente amico dei liberali, non tollerava questa situazione e cominciò a premere sull’autorità di polizia, la quale mise alla porta della sala di culto due poliziotti.


Guardie mandate dal Vescovo

Essi dovevano controllare chi entrava e chi usciva mettendo in evidente imbarazzo i frequentatori; coloro che prima venivano tranquillamente, dopo aver visto i carabinieri alla porta, cominciavano a preoccuparsi di essere arrestati.
A quel punto le frequenze cominciarono a diminuire. Lamarmora, che veniva a trascorrere le vacanze nella sua casa al Piazzo ed era amico di monsignor Losana, si mostrò disponibile alle sue rimostranze. Lamarmora, che diventò anche presidente del consiglio, diceva che l’Italia doveva gloriarsi della sua unità di lingua e di religione e non avere un’accozzaglia di lingue e religioni come l’Austria e l’Ungheria. Questi poveretti si trovarono alla fine evidentemente disagiati e non riuscivano più a tirar avanti; oltre alla diminuzione delle frequenze c’erano anche problemi di famiglia in quanto a Spinetta avevano lasciato i loro congiunti.
A Spinetta, uno di loro, un certo Piana, si prese anche delle bastonate e Carlino Zanin diceva che si era preso delle bastonate perché era ritenuto un ladro di anime.
Lavora chi va a messa

Vi erano dunque delle difficoltà, che oggi non possiamo neppure immaginare. Poiché non vi era ancora lo stato civile (l’anagrafe è del 1864), ma c’erano soltanto i registri parrocchiali, non si sapeva come fare per dichiarare la morte di un evangelico o di seppellirlo, in quanto bisognava andare dal prete per farlo.

Così pure per fare qualche domanda di lavoro bisognava presentare un attestato che comprovasse che andava a messa e faceva la comunione regolarmente; chi osava diventare evangelico a quei tempi ne vedeva di tutti i colori. Chi voleva presentare una domanda di lavoro, doveva corredarla con notizie riguardanti la sua partecipazione alla vita religiosa (se faceva, ad esempio, la comunione a Pasqua e così via) e quei poveretti, che osavano diventare evangelici ne vedevano, quindi, di tutti i colori.
Qualche tempo fa abbiamo ricordato Angelo Brofferio, deputato della sinistra subalpina, il quale si era preso l’incarico sia come parlamentare sia come avvocato, di difendere questi perseguitati.
Nel 1859 scoppia la seconda guerra di indipendenza ed uno di loro, Manenti, ritorna a Brescia (che era una delle zone più calde della rivolta) dove si trovava la sua famiglia e così Biella rimane priva di assistenza religiosa.
Un altro di loro, Lagomarsino, si trasferisce a Graglia, dove abitava un operaio muratore chiamato Timoteo Corlando, che conoscerà l’Evangelo a Torino e ritornerà nella stessa Graglia.
È un fatto curioso che gli evangelici del Biellese abbiano trovato due centri propulsori in due paesi abitati dai picapére: Graglia e Piedicavallo.
Corlando ritorna a Graglia e contribuisce alla nascita di una comunità evangelica che durerà fino alla seconda guerra mondiale. E da Graglia qualcuno si trasferisce a Piverone dove fonda la chiesa della Comunità dei Fratelli che esiste tuttora.
A Biella non rimase più nulla, salvo dei fratelli dispersi senza possibilità di praticare il culto domenicale. La documentazione non esiste perché le chiese dei Fratelli, per scelta, non tenevano alcun registro. Queste chiese, tra l’altro vivranno una scissione, in quanto la corrente più politicamente impegnata, che faceva a capo a Gavazzi, cappellano alla spedizione dei Mille, fonderà la Chiesa Libera.
Tale chiesa, a Biella, avrà tra i suoi primi frequentatori degli ex garibaldini, “I cacciatori delle Alpi”, che avevano partecipato alla seconda guerra del Risorgimento ed un ex ufficiale ne sarà il promotore.
Questi evangelici rimangono completamente soli, senza pastore. Ritroviamo, più avanti nel tempo, la presenza evangelica in quelle relazioni che venivano svolte per il comitato per l’evangelizzazione.
Nel 1871, iniziano le adunanze in Andorno, perché esistono due famiglie di sei membri adulti, che provengono dalla comunità valdese di Baio Dora, e che si erano trasferiti ad Andorno per lavorare nei cappellifici.

Il lungo cammino da Ivrea

Il Pastore Daniele Revel veniva a piedi da Ivrea per presiedere i culti ad Andorno e si pensa che qualcuno, anche dall’Alta Valle, sia venuto in contatto con queste famiglie.
Certamente il lavoro, che ha portato sia i picapére di Graglia sia quelli di Piedicavallo, ad andare in giro per il mondo a costruire e a tagliare la pietra, ha sicuramente contribuito a portare alla scoperta (e questo avverrà anche altrove nelle Alpi) di un diverso modo di essere cristiani in libertà senza gerarchia, con soltanto la Bibbia, il Vangelo come guida. Questo fatto, evidentemente, non poteva non colpire lo spirito di chi già aveva avuto delle diaspore, dei dissensi e discriminazioni, a casa sua.
In queste relazioni è interessante leggere che, nel 1873, ancora ad Andorno, si forma un piccolo nucleo ormai organizzato di evangelici, che si è aggregato a queste prime famiglie.
Il pastore Daniele Revel rileva, tra l’altro, con rammarico che “è un peccato il fatto che ci siano ad Andorno diversi tecnici e meccanici provenienti dall’Alsazia e da altri paesi protestanti, e non frequentino le adunanze, altrimenti potremo dare maggior corpo alla comunità”.
Nel 1874 molte persone si radunano in casa di un Fratello.
E nel 1875, il colportore Lorenzo Quara, arriva ad Andorno dopo aver visitato i circondari di Ivrea e Biella e avendo “qua e là - è scritto nella relazione - sopportato angherie e soprusi, sostenuto discussioni con preti e nemici dell’evangelo, ricevendo di tanto in tanto qualche incoraggiamento”.
Nel 1876 si riscontrano simpatie e presenze di evangelici di nuovo ad Andorno, poi a Pollone ed anche a Biella e a Candelo.
Nel 1887, a Pollone, si crea un piccolo gruppo di fedeli che si riunisce con quelli di Sordevolo, Cossila, Occhieppo, Candelo e Gaglianico. Viene poi segnalata anche Zubiena e sui registri di chiesa appaiono dei nomi come Bona ecc.

Piedicavallo e la scuola di don Perino

Per la prima volta Piedicavallo è citato nelle relazioni del 1888 e vi erano persone di Piedicavallo - si dice espressamente - che avevano partecipato alle riunioni di Andorno. Del già ricordato parroco don Perino è interessante rimarcare che è stato il fondatore del giornale “Il Biellese”.
In un paese minuscolo come era Piedicavallo, a quell’epoca, vi erano due periodici: “il Biellese”, appunto, bisettimanale cattolico (che si chiamerà più avanti “Biella cattolica” e poi tornerà a chiamarsi “il Biellese”) e il “Corriere Biellese” da non confondersi con il “Corriere Biellese” socialista.
Don Perino, che i nemici politici chiamavano don Peripicchio, era un sacerdote molto attivo dal punto di vista politico cattolico.
La scuola a quei tempi era di nomina comunale e lui era praticamente il maestro titolare. Questo fatto infastidiva la parte laica e si racconta, proprio nelle relazioni, che si erano creati due partiti.
Erano chiamati “partito nero” clericale e “partito rosso” (da non confondere con il rosso socialista in quanto non c’era nulla di marxismo allora).
Era un rosso con simpatie probabilmente mazziniane in quanto allora il riferimento era l’on. Guelpa. Quindi si era creato questo bipartitismo e le elezioni comunali vengono vinte dal partito rosso i cui aderenti dicono “basta con la scuola dei preti, vogliamo una scuola laica”.

La maestrina Elisa Goss

Avendo conosciuto il pastore Revel, chiedono che venga mandata qui un’insegnante dalle Valli valdesi, per costituire appunto una scuola laica. E fu così che arriva la maestra Elisa Goss, che poi sposerà il geometra Jon Scotta e da lì nascerà il nucleo evangelico di Piedicavallo.
Ricordiamo che il primo pastore sia a Biella sia a Piedicavallo era il nonno di Gustavo, e di Frida, (che ho conosciuto personalmente) e Roberto Malan.

1893. La prima pietra

E così nel 1893 prendono il via i lavori di costruzione del tempio e la comunità ufficialmente viene registrata a Torre Pellice. Il 26 febbraio 1890 si svolge la Santa Cena per la prima volta in Contrà Frëggia in Ca ‘d Bounafous e il pastore Malan, che era un giovane pastore, non ha la soddisfazione di vedere il tempio terminato perché muore giovane, a 35 anni, ed è sepolto nel cimitero protestante di Biella.
Il suo successore è il pastore Giovanni Daniele Maurin, che aveva sposato la scrittrice poetessa Frida Mader, d’origine tedesca, la quale lascia un libro di memorie molto prezioso.
Ci racconta, infatti, sulle vicende biellesi del tempo e, tra l’altro da lei siamo informati della scrittrice Maria Catella, di cui era amica intima e abbiamo potuto riscoprire questa scrittrice di romanzi di pregio che era stata completamente dimenticata.
Desidero ricordare ancora una volta che questo tempio fu voluto dai picapére, costruito da loro direttamente, nato all’interno della comunità ed espressione di un gusto, di un’arte tipica del luogo, con un carattere molto sobrio, con delle linee molto pulite, che si integravano perfettamente nel paesaggio.
Questo tempio diventa così oggi un presidio della civiltà alpina, della libertà della cultura e della libertà di parola.

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